Qualcosa ci unisce. Tutti. Qualcosa che nasce nelle profondità, nel buio del nostro segreto. Me ne accorsi un giorno che mi ritrovai in una grotta. La barca vi era entrata lenta, scivolando su una superficie incantata. Dietro lasciai il forte del sole, e fui ingoiata dall’ombra di una roccia cava, dai riflessi viola, mi trafissero il cuore. Che iniziò a battere all’impazzata nel ricordo di qualcosa. Qualcosa che? mi chiesi con l’inganno della ragione. Avevo sotterrato così a fondo il mio desiderio che potevo permettermi di ignorarlo. Ma il buio acquoso di quella grotta lo evocò. Salì, a galla. Con una spinta violenta. Inaspettata. Mi tolse il respiro. Desideravo… desideravo. Non sapevo cosa o chi ma desideravo. Fortemente. Follemente. Era una forza cieca, cieca quanto i pipistrelli che la notte dormivano fra quelle rocce. Era una sensazione. Di essere viva. Volevo. Sentivo tutto pur non vedendo. Ero. E avevo voglia di urlare. Il mio nome. Di chiamarmi. Stavo rinascendo. Dalla pancia di un’isola…
Anche a me piace..prima andavo nei boschi, ogni tanto…essere vivi.
Essere vivi… già, con tutto il potere del cuore…
Quella grotta, evocatrice dell’utero da cui vorremmo rinascere, mi fa pensare alla quotidianità che, piena di luce e rumori, anestetizza il nostro bisogno di intimità, riflessione e rinnovamento o, almeno, di consapevolezza dell’esserci. Quanto sei generosa, Valeria, a condividere con noi la tua sensibilità contagiosa!
Già… la nostra quotidianità spesso ci confonde… così assordante, illuminata artificialmente… lontana dalla natura… Abbiamo tutti bisogno di una nostra isola segreta, e il bello è che esiste davvero, basta prendere il largo…
Ho solo una cosa da fare: promettere a me stesso di vederla un giorno con i miei occhi!
Promessa che ti ripagherà oltre le aspettative… stanne certo…