Settembre. Una giornata di vento assolato mi disordina il cuore. Avverto dentro un caos felice, la frenesia di seguire il vento e… cosa? Correre. Correre? Correre fortissimo. Il sole contro gli occhi, il vento in bocca. Correre. Di più. Ancora di più! Poi è un attimo… per cosa? mi chiedo. Per spiccare il volo! È un momento sacro, di solitudine, quello in cui si azzarda un volo. Non che si decida a tavolino, al contrario, si ha solo il coraggio di ammettere che il tempo è arrivato. Come se fossimo regolati anche noi dai venti, uccelli preistorici che hanno perduto le ali ma non l’obbedienza ai flussi d’aria, ai mutamenti di stagioni, fuori e dentro di noi. Ogni volta l’urgenza mi sorprende. Mi sveglio come di consueto, apro le imposte, ma bastano pochi secondi, l’intervallo di un respiro, il piacere di annusare l’aria allisciata dalla notte, e il dado è tratto. È allora, tra quei colori del cielo ancora sfumati, fiabeschi, che provengono dal mondo dei sogni, che mi tornano in mente le pagine meravigliose di Sepulveda in “Storia di una gabbianella e di un gatto che le insegnò a volare”. Mi ricordo della lezione finale, già. Quella in cui il gatto, dopo innumerevoli tentativi falliti, accompagna la gabbianella in cima al campanile. Solo lanciandosi da lì le sue ali si decideranno a spiegarsi e la salveranno dalla caduta nel vuoto, e dalla paura di non essere chi è. Non ci sono mezze misure nell’istinto. Ogni volta che il cuore si prepara a prendere quota sento spuntare le piume di gabbianella sul mio corpo. Mi parlano della paura, e per assurdo della necessità di andare incontro all’unica prova che funzioni. Quella suprema. In cui scommetti tutto te stesso. Il vento s’infila tra le strane piume, avverto una corrente morbida scivolarmi sopra, tremo… poi apro le braccia, un grosso respiro… chiudo gli occhi… ci sono…
Nei momenti più importanti siamo sempre soli, con i nostri timori e la voglia di osare. Dare più spazio ai primi o alla seconda, decide la trama della nostra vita. Settembre ti ha ispirato parole, così “ossigenate”, che fanno presagire il meglio!
Belli i presagi…
Gia’, le ali…A volte neppure sai di averle, le ali, ma senti che devi saltare lo stesso. Quando ho deciso di diventare mamma, o almeno di provarci, ho spiccato il volo chiedendomi se le ali si sarebbero aperte. Tanti dubbi e tante domande, nessun gatto ad aiutarmi a saltare, ma lo stesso quella ragione d’urgenza che ti spinge a farlo.Adesso, che la mia bimba ha cinque mesi, non so ancora se avevo le ali, forse stiamo volando con le sue, piccole ma cosi forti..
Che meraviglia…
Sogno anche io di diventare mamma così… per scelta di un piccolo principe alato, incosciente e felice quanto me, che mi raggiunga dai pianeti vicini e con cui riprendere il volo, dopo che si sia riposato un po’ dentro di me. Noi e un pilota artista… l ‘aereo potrà restare in avaria nel deserto, voleremo seguendo il vento.
Ci ritroveremo, cara amica mia!