Ho conosciuto uno scrittore. Jep Gambardella. In modo insolito, nella sala buia di un cinema, io sulla poltrona, lui sullo schermo. Ci siamo piaciuti dall’inizio. Sin da quando lui ha confessato che, da ragazzo, alla domanda ‘qual’è la cosa che ti piace di più’, non rispondeva come i suoi amici ‘la fessa’, ma ‘l’odore delle case dei vecchi’. Eppure ho sempre odiato quell’odore. Ma lo conoscevo bene, quanto lui. L’avevo respirato la prima volta per caso da bambina, mi aveva svelato un mondo che avevo sentito immobile, quanto il meriggio delle domeniche di provincia. Pieno di rimpianti chiusi negli armadi di noce. Un mondo stretto dalle manette di non-amori familiari, ingiusti eppure fotografati, immortalati in bianco e nero. A questo odore mi ero ribellata con la mia forza di bimba, antica, mitica. Cercavo anch’io la grande bellezza. …Così, sin dalla prima confessione di Jep, gli ho prestato il cuore, per istinto, per segreta alleanza. Come l’avevo prestato, anni e anni prima, al Principe Fabrizio del Gattopardo. Sono intese che nascono al di là dell’età, sull’onda della bellezza, o della malinconia assolata del sud. Ed è successo questo. Che lui mi ha portata nel cuore di quegli armadi. Attraverso una danza maestosa, accanto al Tevere al tramonto, nel sogno di palazzi principeschi, col trionfo della fantasia e dell’ironia, lui mi ha portata là dove l’anima di ognuno pare sbattere ogni volta. Armadi. Piccole, minuscole case. Che possono nascondere diari, per esempio. Dove sono descritti amori che finiscono non si sa come e perché, finiscono insieme al coraggio, e che rubano la vita. La scippano e poi la vita resta ma fluisce sopra, una corrente lieve su profondità sepolte. Tra vizi e trucchi di società, nelle maglie del potere, senza sale, senza l’acqua del mare. Senza un faro che sorveglia l’orizzonte. Avrei voluto bucare lo schermo e stringere sotto braccio Jep. E non dirgli niente. Niente che lui non sapesse già. Ma portarlo via. Via da Roma. Via dal Tevere. Portarlo di nuovo al mare. Basterebbe arrivarci, al mare. Il resto non serve. Per sciogliere il corpo dentro questa massa acquosa straordinaria, sentire gli occhi che pizzicano, le labbra che si fanno saporite. E nel languore salato che si avverte nello stomaco, tornano gli amori. Che non sono morti, sono solo adagiati sul fondo come relitti. Si può azzardare di scendere in apnea, a ripescare la vita che un tempo c’è stata. Ho pensato a questo, mentre i titoli di coda scorrevano nell’incanto di ultime immagini mozzafiato. Ho fantasticato su me e su Jep al mare, lontano dai palazzi, lontano dall’ambizione di dominare la vita. E ho sentito che il mio amico ed io potevamo essere felici. Potevamo. Arrendendoci coraggiosamente al mare. Quindi… devo chiedere al regista il numero di telefono di Jep. Sì. Non può rifiutare di darmelo. Dobbiamo andare al mare. Io e lui.
Valeria che dire, magari fossero tutte come le tue le recensioni !!!!!! Sai sempre come parlare al cuore.
Bello parlare al cuore…
se lo facessimo sempre…
se ci fermassimo anche per strada, sui treni, o agli angoli della vita…
è la cosa di cui da sempre ho avuto bisogno io, e che più amo fare…
La felicità, nella non lunga mia vita del cuore, è stata sorella dell’intimità…
I tuoi scritti parlano chiaro, come quel mare lí sotto mentre la vita fluisce in superficie….grazie per questi sprazzi di autenticità che tengono sveglia l’anima !
Grazie a te, del piacere che hai di condividere il risveglio della vita…
………..e’ stupendo lasciarsi guidare da te nel labirinto delle proprie emozioni, le risvegli con il tocco dolce e deciso del tuo forte spirito e gli ……armadi si schiudono lasciando rotolare assieme a quel particolare odore i nostri ricordi e i desideri non realizzati.
Davvero?!
magico…aprire gli armadi dell’anima e far rotolare ricordi e desideri chiusi dentro… davvero?!
che sequenza meravigliosa…
Possibile che ci riesca, anche solo con te???
Grazie
Con raffinata sensibilità e spirito di osservazione, riesci a condurre per mano anche il più distratto dei lettori, verso una realtà dai colori più accesi, gli odori percepibili e le emozioni protagoniste incontrastate.
Grazie della sorpresa, Annamaria!
Grazie delle tue emozioni…
Ti voglio bene. Un bacio grande.
Credo che solo in pochi abbiano catturato e fotografato, come ha fatto tu, la parte più profonda dell’anima di Jep ……o è quella di Sorrentino !!!??? Forse al mare dovresti andarci con lui !!!!!!!!!!!!
Che felice brillantezza di spirito!
Le tue espressioni sul film SONO “La grande bellezza” e di fronte a tanta cura, nel leggere le pochezze e le grandezze dell’animo, mi piace condividere con te, un particolare tra i tanti, che compongono il film stesso. Mi riferisco al ballo tra il protagonista ed un’amica che questi, tempo addietro, aveva letteralmente distrutto, smontando, uno ad uno i castelli costruiti nella sua vita e di cui si vantava.
La chiave di lettura è tutta nelle mani degli spettatori: personalmente ho creduto che, la donna in questione, abbia metabolizzato il tutto, riconoscendo l’onestà d’intenti nelle parole dissacranti dello scrittore e non il desiderio di nuocere, per cui si affida a lui in quel ballo, rilassata e consapevole. Che ne pensi, Valeria?
La penso allo stesso modo sulla donna del ballo… è vero che il protagonista aveva soffiato sui suoi castelli di carta… ma non per nuocerle… e la donna, evidentemente, aveva sentito la verità di quelle parole… per questo, poi, il ballo sembra un atto di abbandono dolce alla verità, da cui ripartire forse… La vita è una musica, credo si possa sempre riprendere il ritmo.