Se mi chiedessero cos’è un libro per me, risponderei: è il mare.
Il mare che canta avventure e tragedie, il mare che collega e separa, il mare dell’epica, della mitologia, il mare delle sirene e della cronaca nera, il mare oscuro dell’inconscio, ciò da cui tutto è nato.
Ogni tentativo di ridurre il libro a merce, a spettacolo, a pubblicità, di dominarlo con le corruzioni di un premio, le statistiche, i voti di scambio, gli accordi di mercato, ogni appropriazione narcisistica, di carriera o lotta di potere, sconta l’infinita distanza tra il mare e l’inquinamento.
Che pur lo uccide, goccia goccia. Ma è altro.
Se l’inquinamento ci costringerà ad abbandonare questa Terra, se dovremo imbarcarci nello spazio e non più in mare, quella massa luccicante sarà l’ultima cosa che vedremo dall’alto. E ci rimarrà dentro.
Se il consumismo ci costringerà ad abbandonare la fatica e la sacralità del libro, la sua schiuma ci rimarrà dentro.
Alla fine, sarà la favola che racconteremo all’ultimo figlio che nasce o all’ultimo uomo che muore.
tanto vero, quanto ammaliante e allo stesso tempo angosciante……..
Vero, ahimè, un po’ angosciante…
Ma l’amore – anche nel raccontare – ha vie segrete e potenti.
brava Valeria. bello. ciao!
Grazie Simone, a presto a voce!
Un tuffo nel sapere, nell’essere consapevoli della precarietà nostra e di quanto ci circonda.
Profonde come il mare le tue considerazioni. Brava Valeria, come sempre!
Grazie a te, Annamaria… anche leggere le tue parole è un tuffo ristoratore nell’amicizia e nella sensibilità.